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13 ottobre 2014

RESPIRARE

Sul comodino borbotta la caffettiera elettrica ed arriva alle narici l’odore del caffè che segna l’inizio della giornata.
Il liquido fumante viene versato nella tazza, preparata alla sera con lo zucchero ed il cucchiaino pronti all’uso, per permettere alla vita di abbandonare dolcemente il sonno e riprendere contatto con la realtà, quella realtà che i sogni hanno ricordato sotto metafora tutta la notte.
Aprire le persiane.
L’afa assale sin dal primo raggio di sole.
Un refolo di vento caldo entra e muove le tende sfiorando il gatto steso pancia all’aria sul pavimento.
Anche lui ha caldo.
Non è il caldo il nemico peggiore, ma il pensiero di tutto quello che aspetta prima di sera, prima di quel sospiro liberatorio dell’ultimo atto, prima di stendersi a letto per una notte di sogni in  libertà.
Manca il respiro. Manca l’allegria nel sorriso. Manca la voglia di avvicinarsi agli altri.
Ma questo non importa.
Il respiro si comanda, il sorriso si impone e la capacità di ascoltare è ormai un’abitudine.
Ascoltare. Nessuno, o quasi nessuno, ascolta più.
Tutti, o quasi tutti, parlano. Parlano di se. Parlano di quello che pensano degli altri. Parlano della vita di tutti i giorni e dei problemi che ne derivano.
E ti guardano stupendosi che tu muova le labbra perché non sentono le tue parole, ma è solo un inciso.
E indossi l’abito grigio della pazienza e della tolleranza, al collo metti la collana di perle della saggezza di un’intera vita, passata di madre in figlia per più generazioni, con il fermaglio prezioso della rettitudine.
Non temi d’esser depredata perché nessuno crede ormai che quei monili valgano più d’un soldo bucato.
Tutti indossano perle finte e pietre luccicanti di convenienza e manierismo, monili che finiscono nel fondo d’un cassetto senza pena alcuna quando non servono più alla menzogna.
Non indossi abiti firmati, anche se in realtà la firma c’è ed è quel fiore dipinto da te sulla spalla,  ma l’unicità del capo non è evidente.
Non sbandieri la tua cultura e tuoi titoli ed allora sei un nessuno a cui si offrono poche parole perché ritenuto non all’altezza di capire.
Dio com’è frustrante lo sguardo sorpreso quando qualcosa fa intuire la tua erudizione e la tua competenza. Allora viene dispensata la scienza a gocce perché, comunque, si reputa che tu non possa essere loro pari.
Comprendi e passi oltre.
Le tue braccia offrono l’appoggio a chiunque sia in difficoltà, sorrette dall’istintivo desiderio d’essere utili, sempre e comunque, anche se respinte malamente.
E la stanchezza toglie il respiro.
I problemi si accavallano. Li districhi e li risolvi uno per volta.
Un piede segue l’altro per un cammino che copre il tempo del giorno.
Guardi il colore del cielo attraverso i rami dell’albero di fronte alla tua finestra. Quell’azzurro ti fa male. Chissà perché.
Forse perché gli occhi sono stanchi di guardare lo strano puzzle che si chiama vita, per trovare il pezzo giusto per andare avanti. C’è sempre qualcuno che scompiglia i tasselli e bisogna allora ricominciare secondo nuove “logiche illogiche” da imparare velocemente prima che tutto si rovini e divenga più difficile.
Si avvicina un temporale che rende l’aria elettrica e l’afa peggiore, ma poi si allontana e lascia solo le macchie di poche gocce sul selciato.
Si forza l’aria nei polmoni oppressi. Si continua il cammino.

E si fa sera…

2 commenti:

  1. :-) ♥ capisco e condivido..

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  2. Un post con dell'amarezza che lo rende un poco triste ma vero, illuminante.
    Un caro saluto,
    aldo.

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